Capitolo I
"Cammino libero e facile"
Nei mari settentrionali (1) c’è un pesce chiamato Kūn (2), lungo non so quante migliaia di “lĭ”.(3) Esso si muta in un uccello chiamato Péng (4), il cui dorso è largo non so quante migliaia di “lĭ”. Questo uccello è così enorme che le sue ali sembrano le nuvole del cielo. Le correnti ascensionali create dal movimento delle onde (5) lo spingono verso i mari meridionali, vale a dire verso il Lago Celeste.(6)
Il Qí Xiè (7), libro che riporta molte cose curiose, narra, a proposito di ciò , quanto segue:
“Allorché il Péng migra verso i mari meridionali, le acque si agitano per un tratto di tremila “lĭ”. Il Péng scuote le ali e sale all’altezza di novantamila “lĭ” e continua a volare per sei mesi”.
È come (8) il movimento delle trombe d’aria (9), del pulviscolo, dei minuscoli insetti (10) che turbinano nel vento.
È l’azzurro il vero colore del cielo oppure è la lontananza e l’assoluta impossibilità di vedere da vicino che ce lo fa credere? Anche se si guardasse dall’alto, succederebbe la stessa cosa.
Passando a parlare dell’acqua che si accumula, se non ce n’è una massa notevole, non avrà la forza di tenere a galla una nave. Versiamo l’acqua d’una coppetta in un buco del pavimento. (11) Una pagliuzza ci galleggerà come se fosse una barca, ma, se sulla superficie della pozzanghera posiamo la coppetta stessa , andrà a fondo, perché l’acqua è bassa e la barca è grande. (12)
Lo stesso vale per l’aria. Se non se ne accumula una massa notevole, non sarà in grado di sostenere grandi ali. Ecco perché il Péng sale a novantamila “lĭ” d’altezza e così facendo accumula una tale massa d’aria sotto di sé. A questo punto, con il cielo azzurro sul dorso e senza più ostacoli sul suo cammino (13), intraprenderà il viaggio verso il Sud.
La cicala e la colombella (14) lo prendono in giro: “Noi ci sforziamo di saltare e di volare, dall’olmo al sandalo, ma talvolta non ce la facciamo e ricadiamo a terra. A che gli serve innalzarsi fino a novantamila “lĭ” d’altezza e volare verso il Sud?”.
Chi fa una passeggiata nei sobborghi e rientra la sera, ritorna con la pancia ancora piena. Chi intraprende un’escursione di cinquanta “lĭ”, deve fermarsi a macinare per avere del cibo. Chi programma un viaggio di mille “lĭ”, deve procurarsi provviste per tre mesi. Che cosa ne sanno questi due animaletti? (15)
La conoscenza di ciò che è piccolo non è sufficiente per conoscere ciò che è grande. L’esperienza di pochi anni non equivale all’esperienza di una lunga vita. Come facciamo a dirlo? Il microbo , che vive una sola giornata non sa nulla dell’alba e della notte. La cicala, che vive una sola estate, non sa nulla della primavera e dell’autunno.Questi sono gli esseri la cui vita è corta. Viceversa, nella parte meridionale del Regno di Chŭ esiste il Míng Líng (16), che cresce per cinquecento anni e deperisce nel corso di un periodo altrettanto lungo. Nell’antichità più remota troviamo il Dàchūn (17), i cui cicli di crescita e di invecchiamento duravano, ciascuno, ottomila anni. E poi c’è Péng Zu (18), rinomato ancor oggi per essere vissuto moltissimi anni. Tutti cercano di imitarlo. Che tristezza! (19)
Lo stesso tema è trattato nelle “Domande di Táng a Jì” (20):
“ Nelle desolate regioni settentrionali (21) c’è un mare oscuro detto il Lago Celeste, in cui vive un pesce chiamato Kūn, che è largo molte migliaia di “lĭ” e lungo non si sa quanto. C’è anche un uccello chiamato Péng, il cui dorso è largo come il monte Tài e le cui ali sono grandi come le nuvole del cielo. Quando batte le ali, provoca un vortice simile alle corna di un ariete (22) e sale all’altezza di novantamila “lĭ”. Attraversando le nuvole e l’aria, sale finché ha sulle spalle il cielo azzurro (23), poi punta verso il sud, volando fino all’Oceano Australe.
La piccola quaglia (24) lo deride: “A che gli serve ? Io spicco un salto e cerco di innalzarmi, riesco a sollevarmi di qualche metro (25) e ricado giù, svolazzando tra i cespugli e le erbacce. Ecco dove arriva il mio volo. Lui, dove crede di andare?”. Ciò mostra la contrapposizione tra ciò che è piccolo e ciò che è grande."
Ecco perché persone che hanno conoscenze sufficienti per esercitare una funzione pubblica, competenze adatte ad amministrare un villaggio, o addirittura meriti pari a quelli di un principe, che consentono loro di governare uno Stato, ragionano come la quaglia (26). Rongzĭ di Sòng (27) avrebbe sorriso e li avrebbe presi in giro. Costui era uno che non avrebbe fatto un gesto in più, nemmeno se tutti lo avessero incitato, e non avrebbe fatto un gesto in meno, neppure se tutti avessero cercato di dissuaderlo. Egli infatti operava una netta distinzione tra l’interno e l’esterno e fissava bene i limiti della reputazione e dell’abiezione, ma non andava oltre. (28) Non si preoccupava del giudizio del mondo, ma non aveva ancora raggiunto la perfetta virtù. (29) Liè Zĭ (30) cavalcava i venti e partiva, con grazia e leggerezza, ritornando dopo quindici giorni. Non si affaccendava per raggiungere la prosperità, ma, sebbene non avesse più la necessità di camminare, c’erano ancora cose che desiderava. Se però uno si libra tra il cielo e la terra e padroneggia le sei energie delle mutevoli stagioni (31), costui non ha davvero più nulla da desiderare. Perciò si dice: “Nell’uomo perfetto non c’è egoismo; nell’uomo che pensa allo spirito non c’è ricerca del successo; nel saggio non c’è ambizione di gloria”.
Yáo (32), nell’offrire il regno a Xŭ Yóu (33), gli disse: “Nelle notti senza luna è ben difficile far luce se non si accendono le torce. Nella stagione delle piogge non ha senso continuare ad irrigare i campi. Prendi il mio posto, o Maestro, e l’Impero sarà ben governato. Mi rendo conto io stesso che, se continuassi a regnare, non sarei più in grado di svolgere le mie funzioni. Per favore, assumi il governo”. Xŭ Yóu gli rispose: “Tu, o Signore, governi già l’Impero e lo governi bene. Se io accettassi di sostituirti, lo farei dunque solo per avere il nome d’imperatore. Ma il nome deve coincidere con la realtà, mentre io reciterei solo una parte. (34) Quando lo scricciolo fa il nido nel folto del bosco, un ramo gli basta; quando la talpa si abbevera al fiume, un sorso la disseta. (35) Ritorna al tuo palazzo e continua a regnare. Io non so cosa farmene dell’Impero. Anche se il cuoco trascurasse la cucina, il sacerdote che celebra l’ufficio dei defunti non si avventurerebbe tra botti e banconi per correre a sostituirlo. (36)
Jiān Wú disse a Lián Shū (37): “Ho ascoltato i discorsi di Jiē Yú.(38) Tante parole, reboanti ma prive di sostanza, che mi hanno spaventato perché somigliano alla Via Lattea, di cui non si vede il capo né la coda, ingarbugliate e lontane dall’esperienza umana”.
“Che cosa ha detto?” gli domandò Lián Shū.
“Ha raccontato” gli rispose Jiān Wú” che, in una regione remota, sul Monte Gūyè (39) vive un sant’uomo la cui pelle è liscia come il ghiaccio e bianca come la neve. Ha aggiunto che i suoi modi sono delicati come quelli di una fanciulla, che non si nutre di cereali, ma vive d’aria e beve la rugiada, che cavalca le nuvole e guida carrozze trainate da draghi volanti spingendosi al di là dei quattro mari (40), che, concentrando le sue energie spirituali, libera gli esseri viventi dalle malattie e fa maturare i raccolti. Per me queste storie sono solo vaneggiamenti e non presto loro alcuna fede.”
“Sì, di certo !” osservò Lián Shū “ I ciechi non vedono l’armonia di un bel disegno ed i sordi non percepiscono il suono delle campane e dei tamburi. Ma si può affermare che sordità e cecità colpiscano solo i sensi? Anche l’intelletto può soffrirne, come dimostrano queste tue parole. Il potere di quell’uomo gli consentirebbe di mescolare insieme tutte le cose (41) e di ridurle ad unità. Il mondo lo invoca, nel suo disordine, ma perché i problemi del mondo dovrebbero essere la sua preoccupazione? Nulla può scalfirlo. Neppure un diluvio potrebbe sommergerlo. Né un calore torrido tale da fondere i metalli e le pietre, né una siccità capace di rendere arida la terra e brulle le colline potrebbero scottarlo o fargli soffrire la sete. Con la polvere e con la pula è in grado di modellare uomini come Yáo e Shūn.(42). Perché dovrebbe occuparsi delle cose del mondo? (43)
Un mercante di Sòng andò a vendere berretti da cerimonia proprio a Yuè (44), dove la gente non usava berretti perché si radeva il cranio e lo ornava di tatuaggi . (45)
Yáo reggeva il popolo dell’Impero e governava con saggezza, ma, dopo che ebbe reso visita ai quattro saggi del Monte Guyè (46) e si fu recato a nord del fiume Fén (47), perse ogni interesse per il suo regno.(48)
Huìzĭ (49) disse a Zhuāngzĭ: “Il re di Wèi mi ha regalato dei semi di zucca. Li ho piantati ed è cresciuta una zucca gigantesca, che, svuotata, poteva contenere circa settanta litri di liquido.(50) Volevo usarla come recipiente per l’acqua, ma era troppo pesante perché io potessi sollevarla. Allora l’ho tagliata a pezzi per farne delle scodelle, ma queste scodelle non avevano la forma giusta e l’acqua colava giù. Erano grosse e larghe, senza dubbio, ma non mi servivano a nulla e così le ho gettate via.”
“Non sei molto abile nell’utilizzare gli oggetti di grandi dimensioni.” osservò Zhuāngzĭ “Un uomo di Sòng aveva inventato una pomata per impedire che le mani si screpolassero e la sua famiglia, che produceva seta, usò questa pomata per intere generazioni quando si candeggiavano i tessuti. Un viaggiatore ne sentì parlare ed offrì cento monete d’oro per acquistarne la formula. I membri della famiglia si riunirono e discussero la proposta: “Abbiamo candeggiato la seta per generazioni senza mai guadagnare più di qualche moneta d’oro. Adesso, se cediamo la formula della pomata, possiamo incassare cento monete d’oro in un sol giorno.Vendiamogliela !”. Il viaggiatore comprò la formula e la mise a disposizione del re di Wú che in quel periodo era in guerra con il re di Yuè (51) e che gli diede un posto di comando nella sua flotta. Durante l’inverno, ci fu una battaglia navale con la flotta di Yuè, che subì una grave sconfitta. (52) Al nostro viaggiatore fu data in feudo una parte del territorio conquistato al nemico. In conclusione, la formula per evitare la screpolatura delle mani era rimasta la stessa, ma il viaggiatore seppe servirsene per ottenere un feudo, mentre coloro che l’avevano inventata continuarono a candeggiare la seta. La differenza tra i risultati ottenuti dipende dal diverso uso che si sa fare di una stessa cosa. Tu avevi a disposizione una zucca di grande capienza. Perché non hai pensato di farne una specie di barchetta con la quale avresti potuto muoverti sui fiumi e sui laghi? Invece, ti lamenti perché le scodelle che ne hai ricavato non sono adatte a contenere l’acqua e la lasciano colare. Che cosa hai in testa, amico mio?”.(53) (54)
Huìzĭ replicò a Zhuāngzĭ: “Ho nel mio giardino un albero che la gente chiama albero del paradiso.(55) Il suo tronco è grande e grosso, ma un falegname non saprebbe che farsene. I suoi rami sono contorti e non adatti ad essere lavorati. Anche se fosse piantato sul bordo della strada, un carpentiere passerebbe oltre senza degnarlo d’uno sguardo. Le tue parole, amico, sono belle, ma inutili. Tutti quanti ne convengono.”
“Sei il solo a non aver mai visto procioni e donnole?” gli domandò allora Zhuāngzĭ “ Si acquattano e si nascondono, se c’è qualcuno che passa loro vicino, poi saltano e si arrampicano a destra e a sinistra, in alto e in basso, finché non inciampano in una trappola o non muoiono imprigionati in una rete. Lo yak selvatico (56) è grande come una nuvola del cielo, ma, anche se è così grande, non sa prendere i topi. Ora tu, amico mio, sei in possesso di un grande albero e ti lamenti in quanto non ti è di alcuna utilità. Perché non vai a piantarlo in un villaggio in cui non ci sia nulla o nella steppa vasta e desolata?. Potrai passeggiare tranquillo intorno ad esso e sdraiarti a riposare alla sua ombra. Asce ed accette non accorcieranno la sua esistenza; la gente non cercherà di abbatterlo. Perché dunque soffri della sua inutilità?”(57)
NOTE
1) Come osserva Lù Démíng 陸 德 明 (556 d.C.-627 d.C.), nel suo commentario intitolato 經 典 繹 文 (“jīng diăn shì wén”) cioè “Esegesi testuale dei classici e dei libri canonici”, il carattere 冥 (“míng” “oscurità”), che troviamo abitualmente nella frase iniziale del Zhuāngzĭ 莊 子, è rimpiazzato, in almeno un esemplare antico del testo, dall’omofono 溟 (“míng”), che può anche significare “mare”, “oceano”. Questa lettura è confermata da Lín Xīyì 林 希 逸 (fiorito intorno al 1235 d.C.), il quale nel suo commentario intitolato 莊 子 口 義 (“zhūangzĭ kóuyì” “Esegesi testuale del Zhuāngzĭ”) afferma che 北 溟 “bĕi míng” significa 北 海 “bĕi hăi”, cioè “mare settentrionale”.
2) 鯤 (“kūn”) è il termine con cui il Zhuāngzĭ indica un pesce gigantesco, una specie di leviatano. Il carattere 鯤 è usato per la prima volta in questo senso proprio nel Zhuāngzĭ, mentre il suo significato abituale è quello di “uova di pesce”, “avannotti”,”pesciolini”. Il ricorso a un termine che designa qualcosa di estremamente piccolo per designare qualcosa di enormemente grande ci lascia già intuire una delle idee che sottendono la filosofia cinese: la coincidenza degli estremi.
3) 里 (“lĭ”) è una misura di lunghezza cinese il cui valore esatto è leggermente diverso secondo le differenti epoche storiche. Corrisponde ad una distanza di circa 500 metri.
4) 鵬 (“péng”) è un’antica variante del carattere 鳳 (“fèng”) che indicava un uccello leggendario: la fenice. La trasformazione del pesce in uccello ci ricorda un’altra delle idee-cardine della filosofia cinese: la perpetua mutazione dell’universo.
5) Chéng Xuányīng 成 玄 英 ( fiorito tra il 631 e il 655 d. C), nel suo commentario intitolato 莊 子 疏 (“zhuāngzĭ shū” “Ulteriori note al Zhuāngzĭ”) osserva che il Péng è un animale estremamente grosso e pesante. Solo i venti impetuosi che nascono dal mare agitato possono spingerlo in alto, aiutandolo a raggiungere le incredibili altezze in cui riesce a volare liberamente.
6) Il Lago Celeste 天 池 (“tiān chí”) è qui inteso come sinonimo dell’Oceano Australe e non è quindi identificabile con alcuno dei laghi che portano questo nome.
7) Chéng Xuányīng afferma: “Qí è il cognome e Xiè è il nome di una persona. Qí Xiè è anche il titolo di un libro: “Il libro delle curiosità “( 俳 谐 “pái xiè”) del Regno di Qí (齊 國 )”. Tuttavia, nelle fonti non si trova alcuna traccia di questo libro e gli studiosi ritengono quasi concordemente che il passo citato sia pura invenzione.
8) L’elenco riportato in questa frase cerca di descrivere la vorticosa ascensione del Péng citando una serie di fenomeni che possono assumere un aspetto analogo: una tromba d’aria, un mulinello di pulviscolo, il movimento a spirale di uno sciame di insetti.
9) Il termine 野 馬 (“yĕ mă”) indica i cavalli delle steppe, famosi per la loro irruenza. In senso metaforico, designa i tifoni e le trombe d’aria. Così lo interpretano Guō Xiàng 郭 象, erudito taoista morto nel 312 d.C, nel suo commento (注 “zhù”) al Zhuāngzĭ: “ I cavalli delle steppe sono trombe d’aria”( 野 馬 者 ﹐游 氣 也 “yĕ mă zhĕ, yóu qì yĕ”) e Chéng Xuányīng: “In primavera, sono frequenti le trombe d’aria. Guardando di lontano il centro del turbine, si ha l’impressione di vedere dei cavalli al galoppo. Perciò i tifoni sono detti ‘cavalli delle steppe’”(此 言 青 春 之 時﹐陽 氣 發 動﹐遙 望 藪 澤 之 中﹐猶 如 奔 馬﹐故 謂 野 馬 也 “cĭ yán qīng chūn zhī shí, yáng qì fā dòng,dí wáng sŏu duó zhī zhōng, yóu rú bēn mă, gù wèi yĕ mă yĕ”).
10) Il termine 生 物 (“shēng wù”) indica, in generale, le creature viventi, ma nel caso specifico, poichè risulta dal contesto che esse vengono soffiate l’una contro l’altra, deve trattarsi di esseri minuscoli, come ad esempio gli insetti. Le evoluzioni di uno sciame di moscerini sospinto dal vento sembrano del resto imitare il movimento di una tromba d’aria.
11) Non si deve pensare che nei tempi antichi i pavimenti delle case cinesi avessero enormi buchi. In realtà, erano le coppe per le bevande alcoliche ad essere minuscole come piccole conchiglie.
12) Queste considerazioni sembrano intravedere il principio che Archimede giunse a formulare con chiarezza più o meno nello stesso periodo: “Ogni corpo immerso parzialmente o completamente in un fluido riceve una spinta verticale dal basso verso l’alto uguale per intensità al peso del fluido che occupa nel volume spostato.”
13) Chéng Xuányīng spiega che il carattere 夭 (yāo” “morire giovane”) equivale a 折 (“zhé”,”rompere””piegare”), mentre il carattere 閼(“è””ostruire”) equivale a 塞 (“sāi””bloccare”).
14) Il termine學 鳩 (“xué jiū”) è così spiegato da Lín Xīyì: “La piccola colomba che impara a volare” (學 飛 之 小 鳩 “xué fēi zhī xiăo jiū”).
15) Viene qui posto, sotto forma di apologo, un altro problema, che può avere implicazioni importantissime: Se cambiano le dimensioni di un fenomeno, cambia ovviamente il modo in cui esso deve essere affrontato, ma cambiano anche i parametri del giudizio etico? Ad esempio, la politica internazionale va condotta secondo gli stessi criteri di moralità che vincolano il cittadino comune? Sembrava già chiederselo il pirata catturato da Alessandro Magno quando affermava con un certo sarcasmo, prima di essere giustiziato: “Io, che ho una sola nave, sono un pirata. Tu, che comandi una flotta di trecento navi, sei un grande conquistatore”.
16) Lú Démíng ritiene che il “Míng Líng” sia un albero :冥 靈 木 也 (míng líng mù yĕ”). Secondo altri commentatori si tratterebbe invece di una tartaruga.
17) Lú Démíng, citando Sīmă Biāo 司 馬 彪 (tra il 238 d.C e il 246 d.C.- 306 d.C.) afferma che il “dàchūn”(大 椿 )”è una pianta chiamata ”Shùn”, che è la pianta dell’ibisco” ( “木,一名橓。橓,木 槿 也””mù ,yī mìng shùn.shùn, mù jìn yĕ”). Si tratta dell’ibisco cinese, chiamato erroneamente “hibiscus syriacus” da Linneo, che lo riteneva originario della Siria.
18) Secondo la leggenda, Péng Zŭ 彭 祖 sarebbe vissuto ben 800 anni, dal 1900 a.C. al 1066 a.C., al tempo della dinastia Yīn 殷 朝.
19) La dottrina taoista, specialmente nei suoi aspetti più popolari, si interessava anche alle pratiche che avrebbero dovuto assicurare una lunga vita o addirittura l’immortalità. Zhuāng Zĭ, da buon filosofo, sottolinea il carattere ridicolo di queste pratiche.
20) “Le domande di Táng” (湯 問 “tāng wèn”) è il titolo del quinto capitolo del Lièzĭ 列 子 , opera attribuita ad un filosofo taoista vissuto nel V° secolo a .C., anche se numerosi studiosi la considerano di epoca molto più tarda e alcuni pongono in dubbio l’esistenza dello stesso Lièzĭ. Il capitolo ha la struttura di un dialogo tra l’imperatore Tāng湯 della dinastia Shāng 商 朝 (1617 a.C.-1588 a.C.) , che formula alcune domande, ed il saggio Xià Jí 夏 棘 , che fornisce le risposte. Nel secondo paragrafo , ritroviamo, anche se in forma leggermente diversa quanto abbiamo già letto nel Zhuāng Zĭ : “A sud di Chŭ c’è il Míng Líng, la cui primavera dura cinquecento anni e l’autunno altrettanti. Nei tempi più antichi c’era il Dà Chūn, la cui primavera durava ottomila anni e l’autunno altrettanti. Un micete, che si forma sul musco, nasce all’alba e muore al tramonto. I moscerini e le zanzare, che vivono tra la primavera e l’estate, nascono con la pioggia e muoiono con il sole. All’estremo nord si trova un mare oscuro, chiamato il Lago Celeste, in cui vive un pesce detto Kūn, largo mille “lĭ”, lungo in proporzione. C’è un uccello chiamato Péng. Le sue ali sono come le nuvole del cielo, il suo corpo è in proporzione”. ( 荊之南有冥靈者,以五百歲為春,五百歲為秋。上古有大椿者,以八千歲為春,八千歲為秋.朽壤之上有菌芝者,生於朝,死於晦 春夏之月有蠓蚋者,因雨而生,見陽而死 終北之北有溟海者,天池也,有魚焉。其廣數千里,其長稱焉,其名為鯤 有鳥焉。其名為鵬,翼若垂天之雲,其體稱焉.). Alcuni studiosi hanno però congetturato, sulla base di dettagliate analisi e considerazioni , troppo complicate per essere qui riprodotte, che il suddetto passaggio del Lièzĭ possa essere stato preso dallo Zhūangzĭ. Le fonti più antiche non contengono alcuna menzione della leggenda in questione, che figura soltanto nelle due opere citate.
21) Il testo originale usa per “desolato” il termine 窮 髮 (“qióng fà”) vale a dire“calvo”, “senza capelli”. Nel commento di Guō Xiàng 郭 象 si legge :”髮 (“fà””capello”) equivale a 毛 (“máo” “pelo”). Al Polo Nord il terreno è privo di peli. Infatti, “pelo” significa “erba”. I libri di geografia dicono che erba e piante sono la capigliatura delle montagne”( “髮,猶毛也. 北極之下,無毛之地也. 案,毛,草也. 地理書云,山以草木爲髮).
22) Sempre Guō Xiàng osserva che un vortice d’aria che sale verso l’alto assume una forma a spirale che ricorda le corna di un ariete 羊 角 (“yáng jiăo”).
23) L’espressione “ha sulle spalle il cielo azzurro” intende probabilmente indicare che il Péng ha raggiunto la massima altezza possibile quasi toccando la volta celeste. Come l’autore ha indicato in precedenza, tale altezza garantisce un percorso libero da qualsiasi ostacolo, giacché permette di volare al di sopra anche delle montagne più alte.
24) Il testo cinese reca 斥 鴳 (“chì yàn” “quaglia dello stagno”). Lín Xīyì spiega: “ Il termine斥 indica un piccolo stagno. La quaglia che vive ai bordi di un piccolo stagno è un uccello di minuscole dimensioni” ( 斥, 小 澤 也. 斥 澤 之 鶴, 小 鳥 也 “chì , xiăo duó yĕ. chì duó zhī yàn, xiăo niăo yĕ”).
25 ) Nel testo cinese troviamo il termine 刃 (“rèn”), che designa un’antica misura di lunghezza pari a poco più di un metro e mezzo.
26) La piccolezza può anche essere un atteggiamento mentale. Il funzionario, il governatore locale ,addirittura il sovrano, che si accontentino della routine e non ambiscano a fare qualcosa di grande, si comportano come la quaglia: saltellano tra i cespugli anziché innalzarsi nel cielo azzurro.
27) Il filosofo Róng Zĭ 榮 子, che visse nel 4° secolo a.C., era originario del Regno di Sòng 宋 國, un antico Stato che occupava la parte meridionale della penisola dello Shāndōng 山 東 e che fu distrutto dal Regno di Chŭ 楚 國 nel 286 a.C. Róng Zĭ avrebbe riso dell’atteggiamento dei personaggi sopra citati perché, in quanto filosofo, si rendeva ben conto della relatività di tutte le cose e capiva che ciò che per costoro rappresentava il confine estremo, poteva costituire per altri il primo passo verso esperienze ben più esaltanti.
28) Róng Zĭ opinava correttamente che la gloria e l’infamia vanno rapportate alla coscienza dell’individuo e non al giudizio degli altri. Chi compie atti riprovevoli non potrebbe sentirsi glorioso, nemmeno se, per ipotesi, tutti dovessero lodare il suo comportamento.
29) Guó Xiàng osserva che il termine qui usato 樹”(“shù”) significa “ consolidarsi, cioè non avere ancora raggiunto la virtù” (樹,立也.未能至德也 “shù lì yĕ, wú níng zhì dé yĕ”). È utile ricordare come Confucio avesse usato il termine “lì” 立 ( 三 十 而 立 “sān shí ér lì” , cioè “ a trent’anni sono diventato sicuro di me stesso”) per indicare una delle tappe iniziali nel cammino verso la ricerca della perfezione. Cfr. “I Dialoghi”, 2.4
30) Nulla, o quasi nulla, si trova nelle fonti storiche a proposito di Liè Yŭkòu 列 圄 寇 o Maestro Liè 列子, un filosofo che sarebbe vissuto nel 4° secolo a C., al quale viene attribuito il “Lièzĭ” 列子 , uno dei libri canonici del Taoismo. Il fatto che tutti gli antichi esemplari del Lièzĭ pervenuti sino a noi derivino da una copia che l’erudito Zhāng Zhàn 張 湛 ( (fiorito intorno al 370 d.C.) dichiarò di aver ricevuto dal proprio nonno ha fatto sorgere il sospetto che il libro sia stato redatto in epoca assai più tarda di quanto ritiene la tradizione. Ciò ha indotto gli stessi studiosi cinesi a pensare che la figura di Lièzĭ fosse un’invenzione del Zhuāngzī, che è praticamente il testo più antico a citarlo, sebbene questa ipotesi sia stata respinta nel XVIII° secolo dai dotti compilatori del catalogo della biblioteca di Qián Lóng 乾隆帝.
31) I commentatori sono concordi nell’affermare che il termine 辯 (“biàn) equivale, in questa frase, a 變 (“biàn”), che significa “cambiare”. Esso va quindi inteso nel senso delle “stagioni che cambiano” Le “sei energie” (“六 氣 ””liù qì”) delle “stagioni che cambiano” sono gli elementi che caratterizzano le diverse stagioni: caldo (陽 “yáng”), freddo (陰 “yīn”),vento (風 “fēng”), pioggia (雨 “yŭ”),oscurità (晦 “huì”), luce (明 “míng”).
32) Il mitico imperatore Yáo 堯 avrebbe regnato dal 2357 a.C. al 2225 a.C.
33) L’eremita Xŭ Yóu 許 由 avrebbe, secondo la leggenda, rifiutato l’offerta del trono imperiale fattagli dall’imperatore Yáo e si sarebbe nascosto sul monte Jīshan 箕 山. Quando, più tardi, lo stesso Yáo gli propose di diventare governatore di Jŭzhōu 九 洲, si lavò le orecchie con l’acqua del fiume Yĭng 潁 川, ritenendole insozzate da ciò che aveva sentito. Fu perciò chiamato “l’eremita del fiume Yĭng”( 潁 水 隱 士 ”yĭng shuĭ yĭn shì”).
34) Nell’originale, la risposta di Xŭ Yóu è assai colorita: “Il titolo è ospite della realtà. Dovrei dunque fare l’ospite?”. (名者、實之賓也、吾將爲賓乎 “míng zhĕ shí zhī bīn yĕ. wú jiāng wéi bīn hū). Ciò che importa davvero è la funzione effettivamente svolta, non il titolo che la accompagna. Poiché Yáo esegue il proprio mandato nel migliore dei modi, se Xŭ Yóu accettasse di sostituirlo per semplice vanagloria, senza una vera necessità, compirebbe un’azione non solo inutile, ma addirittura riprovevole.
35) Il testo cinese recita: 不過滿腹 (“bù guò măn fù” ), cioè “non va oltre la pancia piena”. La talpa beve solo la quantità d’acqua che le è strettamente necessaria. Come lo scricciolo, essa è una metafora di coloro che sono coscienti del proprio ruolo e non nutrono ambizioni spropositate.
36) L’esempio con cui Xŭ Yóu conclude il proprio discorso sembra volerci ricordare che, nell’ambito della società umana, ciascuno deve svolgere le funzioni che gli sono più adatte conformemente alle sue inclinazioni e alle sue capacità. Ogni tentativo di stravolgere quest’ordine, per così dire “naturale”, delle cose non può che essere dannoso.
37) Di Jiān Wú 肩 吾 e Lián Shū 連 叔 non c’è traccia in nessuna altra fonte. Potrebbero essere personaggi inventati.
38) Jiē Yú 接 輿 è “il matto di Chŭ”, famoso per aver cercato di distogliere Confucio dalla sua missione politica e didattica ( Dialoghi, 18.5).
39) Il secondo capitolo del Liezĭ 列 子 , intitolato “ L’Imperatore Giallo” 皇 帝 (“huáng dì”), riporta questo stesso passo al paragrafo 2 aggiungendo qualche precisazione geografica che non aiuta molto a capire la collocazione del Monte Gūyè: “ Il Monte Gùyè sorge in un arcipelago situato presso la Foce del Fiume Giallo” ( 姑射山在海河洲中 “gū yè shān zài hăi hé zhōu zhōng”). Uno dei più antichi libri di geografia il Shānhăi Jīng (山海经 ”Classico dei monti e dei mari”), menzionato fin dal 4° secolo a.C, riferisce nel suo quarto capitolo, dedicato alle “Montagne dell’Est”( 东山经 ”dōng shān jīng”) quanto segue: ”Trecento e ottanta “lĭ” più a sud del Monte Lúqí c’è un monte chiamato Gūyè, privo di vegetazione, in mezzo all’oceano” (卢其 之山……又南三百八里 曰 姑射 之山,无草木,多水. “lúqí zhī shān yòu nán sān băi bā shí lĭ yuē gūyè zhī shān, wú căo mù, duō shuĭ”). Da queste indicazioni risulta però abbastanza facile desumere che il Monte Gūyè 姑射山 non è altro che la leggendaria Pénglái 蓬 莱,la dimora degli Immortali.
40) Con l’espressione ”i quattro mari” (四 海 “sì hăi”) si definiva il mondo, o, perlomeno, il mondo conosciuto. Al di là dei quattro mari c’era l’infinito, il mistero, il prodigio.
41) Chéng Xuányīng osserva che l’espressione 旁 礡(“páng bó”) equivale a 混 同 (“hùn tóng”) che significa “mescolare insieme” ( 旁礡,猶混同也 ” páng bó, yóu hùn tóng yĕ”).
42) Yáo 堯 e Shùn 舜 sono imperatori leggendari, famosi per le loro eccelse virtù.
Un’altra interpretazione della frase è la seguente: “ Dalle sue ceneri e dai suoi resti si potrebbero ricavare uomini come Yáo e Shùn."
43) La descrizione dell’asceta del Monte Gūyè ( 姑 射山神 人 ”gū yè shān shén rén”) sembra fornirci l’immagine di qualcuno che ha raggiunto la perfezione e che è ormai al di là del mondo e dei suoi problemi.
44) I “zhānfŭ”章 甫 erano berretti da cerimonia il cui uso risaliva ai tempi della dinastia Shāng 商 朝 .
45) Quest’uso degli abitanti di Yuè 越 è confermato da Sīmă Qiàn 司 馬 遷 nelle sue “Note Storiche”史 記 (“shĭjì) nel capitolo intitolato “La casa reale di Gòujiàn, re di Yuè” (越 王 勾 踐 世 家 “ yuè wáng gōujiàn shì jiā”). Il testo cinese dice “si tatuavano il corpo” (文 身 “wén shēn"), ma, evidentemente, ciò che rileva nel caso di specie è che la fronte e il cranio fossero ornati di tatuaggi che sarebbero stati nascosti da un berretto. Il senso di questo aneddoto va forse ricercato nel fatto che, come il mercante di Sòng perdeva il suo tempo cercando di vendere berretti alla gente di Yuè, così l’asceta del Monte Gūyè avrebbe sprecato il suo se si fosse occupato delle misere questioni umane.
46) Lù Démíng 陸 德 明 nella sua “Esegesi testuale dei classici e dei libri canonici " (經 典 繹 文“jīng diăn shì wén”) riporta i nomi dei quattro saggi: Wáng Ní 王倪, Niè Quē 齧缺, Bèi Yī 被衣e Xŭ Yóu 許由. Questi sapienti sono menzionati nel dodicesimo capitolo del Zhuāngzĭ intitolato “Cielo e Terra”( 天地 ”tiān dì" ) al paragrafo 5: “Si dice che il maestro di Yáo fu Xŭ Yóu, che il maestro di Xŭ Yóu fu Niè Quē, che il maestro di Niè Quē fu Wáng Nì e che il maestro di Wáng Nì fu Bèi Yī ( 堯之師曰許由,許由之師曰齧缺,齧缺之師曰王倪,王倪之師曰被衣 ). Non ci si deve stupire del fatto che Yáo possa rendere visita a tutti quattro insieme perché si tratta di Immortali.
47) Il fiume Fén (汾 河 “fén hé”o 汾水 “fén shuĭ”), lungo 694 km, scorre nella provincia dello Shānxī 山 西 e si getta nel Fiume Giallo 黃 河 presso Héjìn 河津. Fényáng 汾 陽 indica attualmente una città ed una contea nella valle del fiume Fén, ma anticamente designava in modo generale la zona a nord di tale fiume, regione in cui sceglievano di ritirarsi molti eremiti. I termini 汾 河 “fén hé”, 汾 陽 ”fén yáng” e 汾 射 ”fén yè” si riferivano quindi, tradizionalmente, ai luoghi in cui risiedevano i saggi e gli immortali (神 人 “shēnrén”, 仙 “xiān”). È significativo che le “Memorie dello Shānxī” (山 西 同 志 “shānxītóngzhì”) situino il leggendario Monte Gūyè 姑射山 trentacinque “lĭ” a nord-est di Héjìn, praticamente nella stessa zona in cui si trova Fényáng 汾 陽.
48 ) Il senso di questo passo appare abbastanza chiaro se si considera che l’incontro con gli eremiti mostra a Yáo la beatitudine del saggio e la vanità delle ambizioni terrene.
49) Huì Shī 惠施, noto anche come Huìzĭ 惠子 ( 380 a.C.-305 a.C.) appartenne alla cosiddetta Scuola dei Nomi (名 家 “míngjiā”), la cui filosofia presenta aspetti che ci ricordano i sofisti dell’antica Grecia. È rimasto famoso per i suoi paradossi, fra i quali ricordiamo il seguente: “Sono partito oggi per Yuè e ci sono arrivato ieri”.
50) Il testo cinese reca: “cinque dàn” (五 石 “wŭ dàn”). Un “dàn” corrispondeva tradizionalmente a circa 70 chili. Quando Hong Kong divenne colonia britannica, il valore di un “dàn” fu fissato a 72,6 kg.
51) Questo riferimento storico permette di datare approssimativamente l’episodio qui ricordato. La guerra tra Wú 吳 國 e Yuè 越 國 durò infatti, con alterne vicende, dal 494 a.C. al 473 a.C.
52) Si può pensare che la formula abbia avuto un’influenza diretta sull’andamento delle operazioni militari, ad es, perché i soldati, non soffrendo di screpolature alle mani nemmeno d’ inverno e in un ambiente umido, potevano maneggiare le armi con maggiore efficacia. Ciò non risulta tuttavia con chiarezza dal testo.
53) Letteralmente 蓬之心 (“péng zhī xīn”) cioè “rovi nel cervello”. La frase non è molto gentile.
54) L’aneddoto mira a sottolineare che le diverse capacità degli individui possono portare a risultati assai differenti, anche se i mezzi a disposizione sono identici.
55) Si tratta dell’Ailanthus altissima, albero che può raggiungere i 25 metri d’altezza, ma il cui legno non è utilizzabile in falegnameria per la sua assai modesta qualità.
56) ) Chéng Xuányīng 成 玄 英 osserva, nel suo commento, che “ il termine 斄牛 (“lí niú”) equivale al termine 旄牛 (“mào niú”), il quale designa lo yak selvatico che si trova presso i barbari dell’Ovest e del Sud” ( 斄牛,犹旄牛也,出西南夷 “lí niú yóu mào niú yĕ, chŭ xī nán yí”).
57) Questo dialogo mi sembra voler dimostrare, come il precedente , che tutte le cose, grandi o piccole, possono essere utili e che spetta unicamente all’intelligenza dell’uomo saperle sfruttare nel migliore dei modi.